31 luglio 2016

Rischio idrogeologico: il ruolo della pianificazione territoriale

Le azioni di pianificazione vengono ricomprese nel piano di bacino, che è uno strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo

Rispetto al passato, il territorio italiano presenta un rischio idrogeologico più elevato, anche a causa dei profondi processi di antropizzazione che hanno agito nella seconda metà del XX secolo. L’elevata urbanizzazione, la mancata manutenzione dei fiumi e dei versanti, il disboscamento e l’abbandono della montagna, l’apertura di cave di prestito, cioè quelle cave che vengono aperte per la realizzazione di un'opera e chiusa quando questa è terminata, sono solo alcune delle cause che hanno aggravato in modo sostanziale il rischio idrogeologico nel Paese. Molti dei dissesti sono avvenuti a seguito della sottovalutazione o della assoluta incuranza dei fattori ambientali, principalmente delle caratteristiche geologiche, geomorfologiche e idrografiche del territorio. Per evitare che si verifichino fenomeni franosi e alluvionali è estremamente importante gestire il territorio in modo attento. Bisogna quindi procedere ad una pianificazione territoriale che che tenga conto dell’organizzazione dell’assetto sociale, economico e territoriale di un’area di estensione sovracomunale. Nella pianificazione territoriale vengono ricompresi sia gli interventi di trasformazione che i vincoli per la protezione e valorizzazione dell’ambiente. In quest’ottica il dissesto idrogeologico viene considerato non come una problema a sè, ma come un fattore di vulnerabilità accomunato agli altri e da tenere costantemente sotto osservazione nel più ampio contesto della programmazione economica e territoriale.

Bacini idrografici. Per quanto riguarda il dissesto idrogeologico e la difesa del suolo, per consentire un’azione organica di gestione e mitigazione del rischio, è importante riferire la pianificazione territoriale al bacino idrografico. Si intende per “bacino idrografico”, il territorio nel quale scorrono le acque pluviali o di scioglimento delle nevi e dei ghiacciai, che formano una serie di corsi d’acqua o in alcuni casi laghi per sfociare in mare. Il bacino idrografico viene quindi considerato nella propria unità ed integrità fisica ed economica ed è l’unità territoriale di riferimento per le azioni di pianificazione e di programmazione.

Le azioni. Le azioni di pianificazione vengono ricomprese nel piano di bacino, inteso come lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo con il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d’uso finalizzate alla corretta gestione del suolo e delle acque, sulla base delle caratteristiche fisiche ed ambientali del territorio interessato.

L’Autorità di bacino e i piani stralcio. A causa della sua complessità, il piano di bacino può essere approvato dall’Autorità competente, l’Autorità di bacino, anche per stralci, relativi ad aree omogenee o a settori tematici, costruiti in base alle criticità del bacino idrografico. In questa maniera è possibile affrontare da subito i problemi più urgenti. Vengono così predisposti i piani stralcio per l’assetto idrogeologico, detti Pai, i piani stralcio delle fasce fluviali, i piani stralcio per la sicurezza idraulica, i piani stralcio per la gestione delle risorse idriche, etc.

Un passo importante per la pianificazione territoriale del rischio idrogeologico è stato fatto con la legge 3 agosto 1998, n. 267. Questa legge ha previsto che Autorità di bacino e Regioni provvedessero, entro un termine stabilito, alla perimetrazione delle aree a rischio sulle quali venivano imposte delle norme di salvaguardia finalizzate ad impedire un aggravamento delle condizioni di rischio con nuovi interventi antropici. Secondo la legge il Dipartimento della Protezione Civile fa parte dei Comitati tecnici delle Autorità di bacino nazionali, organi competenti per la pianificazione territoriale a scala di bacino. Nella stessa legge è previsto che per tali aree venissero predisposti dei piani di protezione civile per la tutela dell’incolumità delle persone.